sabato 15 dicembre 2012

Solidarietà con le lavoratrici del San Raffaele



Siamo solidali con le lavoratrici del S. Raffaele di Milano e pubblichiamo la loro lettera

QUANDO LE DONNE SALGONO SUI TETTI

Salire su tetti, torri o gru o su altre piattaforme collocate al di sopra delle teste di una comunità è una pratica di lotta non più nuova. Riflette uno stato dei conflitti di classe in cui, più che in passato, la forza organizzata ha bisogno di sostegni nella pubblica opinione. Ogni espediente diventa quindi legittimo, se serve a far accendere su quella lotta le luci. Quando poi sono delle donne a salire, allora la luce dei riflettori si fa più intensa e scattano forme impreviste di solidarietà.
Negli ultimi giorni di novembre due infermiere dell'ospedale San Raffaele di Milano, Graziella e Daniela, hanno deciso di rendere la lotta a cui partecipano più visibile, piantando una tenda sul punto più alto dell'ospedale e restandovi, malgrado il vento e la pioggia.
Vale la pena di raccontare brevemente questa storia, quella parallela di altre donne e di come a un certo punto le due storie si sono incontrate.

Sui campi di battaglia
Se si vuole comprendere la condizione delle donne nella crisi, allora bisogna ogni discorso che punti esclusivamente a sottolineare ingiustizie e svantaggi. Non per dimenticarsene in una visione ottusamente trionfalistica della femminilizzazione del lavoro, ma perché altre considerazioni hanno maggiore importanza, se l'ottica con cui si guarda al presente è quella delle lotte.
I dati più recenti dell'ISTAT dicono che in Italia aumenta sia l'occupazione sia la disoccupazione femminile.  Mentre l'occupazione maschile è diminuita nell'ultimo anno di 184.000 unità, quella femminile è cresciuta di 138.000; sono aumentate però di 288.000 anche le donne disoccupate.  Il fenomeno si legge così: la crisi ha spinto un numero maggiore di donne a cercare un'occupazione, uscendo così dalla categoria delle inattive ed entrando in quella delle disoccupate (o delle occupate). Per numerose ragioni le cose potrebbero nel futuro prossimo cambiare, ma per ora stanno come l'ISTAT registra e la morale della favola è che le donne sono gettate dalla crisi ancora di più sui campi di battaglia della guerra di classe. Che cosa questo significhi in termini di difficoltà a gestire la vita quotidiana, nel momento in cui la maggiore presenza sul mercato del lavoro si coniuga con la demolizione del welfare si è detto e scritto più volte. Ciò che ora interessa è che la presenza delle donne nel conflitto sociale diventa più forte, come la loro capacità di essere protagoniste. La lotta del San Raffaele, in cui l'80 per cento dei dipendenti è donna, ne è un esempio significativo. 

Le lavoratrici del San Raffaele
Le vicende dell'ospedale e della gestione truffaldina di Don Verzè sono note, pochi sanno però che esso riceve dalla Regione Lombardia finanziamenti per quasi 400 milioni l'anno, che rappresentano il 90 per cento delle sue entrate. La nuova proprietà  (padron Rotelli) ha annunciato 244 licenziamenti in tutti i reparti, compreso in quelli in cui il personale è già assai carente, mentre 180 licenziamenti sono già avvenuti nella forma del mancato rinnovo di contratti a tempo determinato. Ai licenziamenti dovrebbe aggiungersi il passaggio dal contratto dalla sanità pubblica, di cui lavoratrici e lavoratori del San Raffaele godevano, al contratto privato in una delle sue versioni peggiori, che comporterebbe arretramenti notevoli sul terreno normativo e retributivo.  Le donne sono state della lotta protagoniste assolute e la cosa non è in sé ovvia, come sembrerebbe in un luogo di lavoro all'80 per cento femminile. La radicalità e la partecipazione delle donne negli episodi di lotta del conflitto sociale non è una novità; meno tradizionale invece la loro decisione di prendere in mano le briglie dello scontro, di esporsi, di dirigere, di salire dove si è inevitabilmente più visibili.  Ed è anche significativo il fatto che la lotta non abbia solo riguardato la difesa del posto di lavoro e delle sue condizioni; una contestazione si è aperta anche sugli atteggiamenti sessisti della direzione..

Donne nella crisi
Mentre le dipendenti del San Raffaele presidiavano l'ospedale giorno e notte, nasceva a Firenze “Donne nella crisi”. Un'assemblea di duecento donne nel contesto del Forum sociale europeo (8-9-10-11 novembre), chiamata dall'appello “per un femminismo di movimento e di lotta”, firmato da un centinaio di compagne di diverse appartenenze, decideva di tentare il percorso di costruzione di una rete sui temi della crisi e dell'austerità.
L'ipotesi di lavoro è semplice, almeno a dirsi. Senza proclamare reti che ancora non esistono e a partire da una lista, ci si propone di mettere in contatto lotte differenti di donne, dar vita a campagne di solidarietà nazionali e internazionali, raccogliere fondi e appoggiare vertenze individuali. Dal momento che il nucleo per ora più attivo è in Lombardia, l'incontro con le lavoratrici del San Raffaele è stato il secondo passo della lista, dopo quello dell'assemblea di Firenze.
Si è fatto ciò che si poteva fare, obiettivamente poco ma l'uso di siti, blog, facebook, liste, twitter e giornali on line ha consentito una diffusione di notizie con altri mezzi impensabile. Alle iscritte è stato dato il suggerimento non solo di far circolare attraverso Internet il volantino di sostegno alla lotta, ma anche che ciascuna ne stampasse un certo numero da diffondere tra conoscenti e in riunioni. Se si tiene conto che la lista ha 125 iscritte, l'ampiezza della campagna di solidarietà è risultata alla fine più ampia di quanto ci si potesse aspettare da un piccolo aggregato ai primi passi.
Lavoratori e lavoratrici del San Raffaele hanno ancora una strada difficile da percorrere perché, dopo aver mimato un'apertura quando Graziella e Daniela erano sul tetto, la direzione sembra tornata sulla sua posizione iniziale che non concede assolutamente nulla. E se la lotta è stata  compatta e coraggiosa, bisognerà che la RSU, che finora ha guidato egregiamente la resistenza, affini le sue capacità di stringere relazioni con il resto del mondo.

Se la lotta davvero continua

La lotta delle lavoratrici del San Raffaele continuerà, anche se sui suoi esiti non possono esservi certezze. Forse continuerà anche l'attività della lista “Donne nella crisi” e tra un'incertezza e l'altra esiste un legame. La crisi ha aperto in gran parte del mondo un periodo di resistenze e proteste, che hanno indotto il Time a nominare persona dell'anno 2011 The Protester, il manifestante, colui/colei che cambia la storia. Ma si tratta di movimenti e proteste ad alto tasso di sconfitte per il logoramento di strumenti di lotta una volta centrali e per lo stato dei rapporti di forza. The Protester,
uomo o donna che sia, agisce in un contesto in cui tutto è più difficile e tra le altre cose è anche più difficile immaginare.  Trovare modalità di superamento della frammentazione, compiere l'insieme degli atti e delle pratiche che avvicinano un pensiero politico al suo referente sociale, concepire soluzioni e propositi che vadano oltre il proprio “particulare” sono compiti che una rete di donne potrebbe assolvere e che avrebbe oggi l'autorità di proporre anche ad uomini. Ma è difficile: è come se di certe pratiche obiettivamente necessarie, si fosse persa la capacità e l'intenzione stessa.
Se però davvero la lista comincerà a funzionare come un embrione di rete, allora non ci sarà che l'imbarazzo della scelta.  Altre lotte di donne sono in calendario; sono aperte vertenze di donne licenziate perché in gravidanza; circola l'idea di una campagna nazionale che sia di solidarietà e raccolta di fondi per le donne greche e interessi le italiane sul tema della sanità pubblica.  Si è pensato infatti a una campagna nazionale che sia di solidarietà e raccolta di fondi per le donne greche e nello stesso tempo interessi le Italiane sul tema della sanità.  La compagna greca intervenuta nell'assemblea di Firenze ha raccontato che nel suo paese non c'è più copertura per l'assistenza al parto in ospedale. Chi la desidera deve pagare 1500 euro, una cifra enorme per la maggioranza delle cittadine greche in questo momento. Raccogliere un po' di fondi per loro su un appello e aprire nello stesso tempo un discorso sulla questione in Italia, sarebbe davvero opportuno, soprattutto se si tiene conto che prima di cadere Monti aveva già aperto il fuoco sul servizio sanitario italiano.  E infine può anche accadere che Graziella e Daniela salgano di nuovo sul tetto.

martedì 4 dicembre 2012

L'appello e il presidio per ricordare Modou Samb e Mor Diop

 foto Laura Albano
Libere Tutte Firenze aderisce all'appello dell’ Associazione dei Senegalesi di Firenze e Circondario, ad un anno dell’ assassinio di Modou Samb e Mor Diop e il grave ferimento di altri tre lavoratori senegalesi.

Il 13 Dicembre in Piazza Dalmazia alle 17 si terrà un presidio per esprimere solidarietà alla Comunità Senegalese e la totale condanna ad ogni comportamento e ad ogni aggressione fascista e razzista.
APPELLO PER RICORDARE MODOU SAMB E MOR DIOP

Il 13 dicembre di un anno fa in Piazza Dalmazia furono assassinati Modou Samb e Mor Diop; furono feriti in modo grave Sougou Mor, Mbengue Cheikh e Moustapha Dieng (che non potrà più essere autosufficiente). Nell’ appello che come cittadini e cittadine senegalesi facemmo per invitare la Firenze antifascista e antirazzista a reagire a tale crimine dicemmo con chiarezza che non si trattava del gesto isolato di un folle ma del frutto orrendo di un clima diffuso di intolleranza e di ostilità nei confronti dei migranti, degli stranieri, dei “diversi”, un clima alimentato da leggi, provvedimenti, ordinanze mirate a colpire, a reprimere, a perseguire chi non rientrava nello schema “ordine e sicurezza” prescritto dalle forze dominanti. Ed in cui i veleni razzisti si intrecciavano strettamente con i germi estremamente pericolosi dei vecchi e nuovi fascismi.
Ebbene, dodici mesi dopo, non molto è cambiato. Non vi è stata quella reazione corale che avrebbe dovuto mobilitare tutte le energie e le risorse positive, tutte le forze culturali, sociali, politiche che hanno come baricentro la Costituzione, tutti gli anticorpi ai veleni razzisti e fascisti presenti nella società italiana.
Ancora oggi sono ancora in vita strutture indegne di un Paese civile come i CIE, continuano a morire in mare profughi e richiedenti asilo che cercano di raggiungere le coste italiane, non vengono prese in considerazione le proposte di legge per dare il voto ai migranti e la cittadinanza ai figli d’ immigrati che nascono in Italia, restano in vigore normative come quella denominata Bossi-Fini, né sono scomparse le ordinanze securitarie che avevano avuto larga diffusione a livello comunale. E Casa Pound, dal cui ambito proveniva l’ assassino di Piazza Dalmazia, prosegue nelle sue vergognose imprese: l’ ultima, di qualche giorno fa, l’interruzione violenta di un incontro - di una festa - , a Pontedera, per l’attribuzione della cittadinanza onoraria alle figlie ed ai figli dei migranti nate/i in quel comune.
I pericolosi ritorni fascisti e nazisti non sono peraltro una prerogativa italiana, ma un morbo che si sta diffondendo in altri Paesi europei ( vedi Alba Dorata in Grecia ).
Per questo vogliamo ricordare, sul luogo dell’ atto criminoso, i nostri fratelli assassinati. Si tratta di un ricordo che ci vedrà stringerci insieme, noi e tutte/i coloro che vorranno essere con noi, vicino alla lapide in Piazza Dalmazia con i loro nomi, ma anche dell’occasione per rinnovare l’ impegno, rendendolo più efficace, a cambiare le normative che alimentano l’ intolleranza ed il razzismo, a contrastare i fascismi risorgenti, avvertendone finalmente tutta la pericolosità, a costruire un clima diverso - di apertura, di accoglienza, di solidarietà -. Per una città ed un Paese civili, in cui non siamo più possibili atti come quelli di un anno fa.

ASFC (Associazione dei Senegalesi di Firenze e Circondario)

(per le adesioni all’appello:  kebeazu@hotmail.com)

sabato 1 dicembre 2012

Firenze 13 dicembre, un anno dopo la strage





Fervono i preparativi per le commemorazioni dei morti, ma cosa ne è stato dei tre feriti? Le promesse sono state rispettate?
Firenze si prepara a ricordare la strage del 13 dicembre. E’ prevista un’intera giornata di commemorazione dedicata alle vittime. La mattina verrà organizzato un convegno, nel pomeriggio ci sarà un presidio nell’ormai tristemente famosa piazza Dalmazia. Chiuderà la giornata un grande concerto, che si terrà la sera al MandelaForum, dove è prevista anche la presenza dell’artista senegalese Youssou Ndour. Ma le stesse istituzioni, che si stanno impegnando nell’organizzazione di questa celebrazione, quanto, in tutto questo tempo, si sono ricordate di Moustopha Dieng? Nella strage che l’estremista di destra Gianluca Casseri, mise in atto nei due mercati fiorentini e dove trovarono la morte Samb Modou e Diop Mor, rimasero feriti anche Moustapha Dieng, Sougou Mor e Mbenghe Cheike. Mentre Mor e Cheinke sono stati dimessi e stanno cercando di recuperare una vita normale, Moustapha da quel giorno sciagurato è fermo in un letto all’ospedale di Careggi. Abbiamo intervistato Mercedes Frias, attiva da anni nella lotta per i diritti dei migranti, che assieme alla comunità senegalese, in quest’ultimo anno, si è impegnata per aiutare i tre ragazzi rimasti feriti.
Come sta adesso Moustapha?
«E’ bloccato al letto di un reparto specialistico dell’unità spinale di Careggi, dal mezzogiorno di quel 13 dicembre, in cui il razzismo di stampo fascista ha sfoggiato la sua manifestazione più feroce. Il proiettile gli è penetrato dalla gola e ha continuato fino alla spina dorsale. Moustapha ha dunque esofago, trachea e colonna vertebrale definitivamente e gravemente lesionati. Da poco ha iniziato lentamente a deglutire, lentamente dalle sue corde vocali inizia ad uscire qualche flebile suono. Non sempre riesce a respirare in autonomia. I movimenti delle sue mani sono ancora limitati e incerti e non potrà più camminare. Questo è il suo corpo, la sua vita: non c’è niente di simbolico».
Per quanto tempo dovrà rimanere in ospedale ancora?
«Le sue dimissioni sono molto lontane e dovrà comunque rimanere per anni in una struttura specializzata. In Italia Moustapha ha solo un fratello, vive in provincia di Pisa, fa il venditore ambulante e può recarsi in ospedale una volta a settimana. Di lui si occupa Madiagne Ba, un senegalese di Firenze, che pur non conoscendo Moustapha prima della strage, va a trovarlo tutti i giorni. E’ divenuto una presenza così importante da essere considerato il punto di riferimento anche per i medici».
Come stanno gli altri due feriti?
«Sougou Mor è a casa e cerca di curarsi quelle cinque ferite alle braccia che si è procurato per parare gli spari. Mbenghe Cheike, anche lui colpito nella seconda tappa della spedizione, vive in casa con la moglie e un figlio a Firenze e sta meglio. Entrambi sono stati dimessi alcuni mesi fa. Le ferite ai loro corpi vanno guarendo. Quelle alla loro umanità, al loro essere uomini, sono profonde e richiedono molto tempo per guarire».
Ci sono stati dei risarcimenti per i feriti?
«I soldi che hanno avuto fino ad oggi sono venuti dalla buona volontà della gente. La Provincia di Pistoia forse ha dato qualcosa. Nessun indennizzo al momento, nonostante il decreto legislativo del 2007 che recepisce la direttiva sull’indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti».
C’è stata solidarietà intorno alle vittime di questa brutta vicenda?
«Della sorte dei feriti la cittadinanza non sa niente. Invece abbiamo assistito ad un proliferare di iniziative pietistiche in nome delle vittime e di un uso strumentale della loro sofferenza. Queste iniziative di fatto sono costruite con modalità e contenuti che ignorano le cause della spedizione razzista di dicembre. Ignorando le causa, si sorvola sulle condizioni delle vittime e dei loro familiari, rendendoli doppiamente vittime. Il megaevento con il quale il Comune di Firenze commemora la strage che aveva derubricato a “fatto isolato compiuto da un folle”; i tornei di calcio per le vittime, la miriade di progetti e progettini nei luoghi di provenienza delle vittime, organizzati da Enti Locali e associazioni, hanno qualche relazione con i fatti, le sue cause e le eventuali misure di contrasto e prevenzione?».
Queste iniziative non servono a nulla dal punto di vista della lotta al razzismo?
«Come stanno insieme la morte per razzismo e i progetti nei “villaggi” di origine delle vittime? Come stanno insieme le sofferenze quotidiane e le fatiche burocratiche dei feriti e dei loro familiari con le pompose commemorazione istituzionali? Quante di queste iniziative guarda in faccia chi è stato oggetto di tanta violenza? Chi e quali strumenti si adopera per rimuovere le cause della devastazione culturale e politica che ha reso possibile che tali fatti succedessero? Nella retorica della “comunità”, riferita ai migranti su basi nazionali, nascono e si sviluppano pratiche che rimandano alla primitività e che rendono possibile l’assenza di coerenza fra fatti e proposte, che tendono a perpetuare la disuguaglianza attraverso una visione culturalista che inferiorizza chi è già stato vittima di razzismo».
Cosa bisognerebbe fare?
«Praticare quotidianamente la lotta al razzismo e dare attenzione alle sue vittime, con uno sguardo tra pari. Madiagne è un esempio per tutti. Con la sua costanza silenziosa, collezionando contravvenzioni dell’autobus, dato che essendo disoccupato non ce la fa a comprare i biglietti, si è fatto portatore di quella umanità che la condizione di Moustapha necessita quotidianamente».
Francesca Materozzi

Il femminicidio e le responsabilità del linguaggio dei giornali: lettera aperta



Il Coordinamento “Violenza di genere e sessismo. Come intervenire?” nato a Firenze il 12 maggio 2012 in occasione del convegno “Diversi, e allora?”, di cui fa parte  anche l'associazione Libere Tutte, indirizza questa lettera alle giornaliste e ai giornalisti  che trattano il fenomeno drammatico della violenza maschile contro le donne: il FEMMINICIDIO.
Lettera aperta alle giornaliste, ai giornalisti ed alle loro organizzazioni sindacali di categoria    
In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne del 25 novembre, vi invitiamo a fare una profonda riflessione.
Tutte e tutti, quando raccontate l'omicidio di una donna, perpetrato da un uomo della famiglia- o che comunque, con quella donna ha o ha avuto a che fare, -non potete usare un linguaggio sbagliato e fuorviante .Non soltanto perchè usare un linguaggio appropriato e corretto fa parte della vostra deontologia professionale, ma soprattutto perchè , come un giorno ricordò Livia Menapace: 
”LE PAROLE SONO PIETRE”. 
Le parole e le immagini che rappresentano la violenza maschile contro le donne ed il FEMMINICIDIO come fosse un qualsiasi fatto di cronaca, -dove uomini gelosi uccidono una donna per disperazione o perchè presi da un raptus incontrollabile- non solo non raccontano la verità, ma sono come pietre lanciate contro le donne. Non raccontano la verità perchè quell'uomo spesso aveva già in precedenza tentato di ammazzare quella donna -oppure girava armato-Ma soprattutto SONO PIETRE LANCIATE CONTRO LE DONNE perchè creano un' attenuante al crimine e nascondono le ragioni di un fenomeno causato da molteplici fattori.
La deficienza di politiche paritarie fra i generi, la mancanza od i ritardi di leggi in materia (leggi che molti paesi hanno da tempo), l'indifferenza ed il silenzio della politica,il perdurare in una società che si dice civile, di una mentalità paternalista ed arcaica ed altri ancora sono i motivi che alimentano il maschilismo e la discriminazione di genere formando il terreno dove germoglia la violenza maschile. Facciamo quindi appello a tutte ed a tutti coloro che non vogliono produrre informazione spazzatura, affinché non si uniscano al branco dei semplificatori, dei superficiali, degli indifferenti ,insomma di tutti quelli che usano ,per comodo o per ignoranza, gli stereotipi come strumento di comunicazione. Con le vostre penne, le vostre immagini e la possibilità offerta dalla professione che esercitate, avete la responsabilità di dare un contributo fondamentale allo sradicamento di quella cultura maschilista e patriarcale che ancora alligna nel nostro paese.

PIU' DI CENTO DONNE SONO MORTE DALL'INIZIO DELL'ANNO
FERMIAMO TUTTI INSIEME QUESTA STRAGE

venerdì 16 novembre 2012

Sabato 24 novembre contro il femminicidio

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lunedì 12 novembre 2012

Manifattura Tabacchi, la petizione


 
 
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martedì 23 ottobre 2012

Cronache di morti annunciate


Alcune donne di Firenze invitano a un incontro di riflessione silenziosa sulla vicenda di Lucia e Carmela Petrucci per oggi 23 ottobre ore 19, a Firenze, piazza SS. Annunziata, lato Innocenti.
Porteremo candele e lumini 
Anna Picciolini, Franca Gianoni, Luisa Petrucci

Libere Tutte invita a firmare la petizione di DIRE (associazione nazionale centri antiviolenza) di cui come Artemisia Firenze fa parte,  e di farla girare. Il testo: 
L'associazione nazionale dei centri antiviolenza D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza, denuncia la 105^ vittima di femicidio in Italia dall’inizio del 2012 e lancia un appello: Carmela, morta a diciassette anni per difendere la sorella dalla violenza dell’ex fidanzato, sia l'ultima vittima. La violenza sulle donne non è una emergenza ma è un fenomeno strutturale di una societa' che pone uomini e donne in una relazione di disparità. Lo denunciamo da anni e non è più tollerabile che in un Paese che si definisce civile, le violenze sulle donne e i femicidi avvengano nell’indifferenza della società e della politica.
Ci appelliamo al Governo italiano, al Parlamento e alla società civile, affinché in tempi brevissimi sia ratificata nel nostro ordinamento, la Convenzione del Consiglio d'Europa firmata ad Istanbul, che vincola i Paesi aderenti ad azioni ed iniziative importanti di contrasto alla violenza sulle donne, sia finalmente attuato il Piano Nazionale Antiviolenza e si sostengano con finanziamenti adeguati, tutti i centri antiviolenza aderenti alla Rete Nazionale.
Le violenze sulle donne e i femicidi non sono un destino inscritto nelle vite delle donne, ma sono cronache di morti annunciate nel vuoto politico e nel silenzio di un Paese che sembra non avere più coscienza.  
I primi firmatari dell’appello: Riccardo Iacona e Serena Dandini  

martedì 16 ottobre 2012

Cieli bui

 foto © Laura Albano


"CIELI BUI" presentato dalle Associazioni Libere Tutte- Firenze, Il Giardino dei ciliegi e Artemisia al convegno nazionale "La democrazia al bivio. Per la democrazia paritaria oltre le quote rose" tenutosi il 13 u.s. in Regione.
 Sul provvedimento detto “cieli bui” contenuto nella legge di stabilità 2012
Quando il Governo fa i tagli alla spesa pubblica penalizza in primo luogo le donne,quando taglia i fondi agli Enti Locali che riducono i servizi per gli anziani ed aumentano le tariffe per gli asili nido, sacrifica soprattutto le donne, quando non ci sono più soldi per gli insegnanti di sostegno nelle scuole o per i servizi agli invalidi, le prime a rimetterci sono soprattutto le donne, quando fa la così detta riforma delle pensioni le prime vittime sono ancora e soprattutto le donne!
IL GOVERNO MONTI HA FATTO TUTTO QUESTO ED ALTRO!!!
Basti pensare, per fare un esempio concreto, che con la spending revew il Governo Monti ha tagliato dal 5 al 10% i servizi dati in appalto alle cooperative in scuole ed ospedali. Tagli che significano servizi in meno alla cura delle persone e comportano pertanto, sia un aggravio ulteriore di lavoro “domestico” per le donne, sia una grossa perdita di posti di lavoro femminile, perché, come sappiamo, queste attività sono da sempre soprattutto svolte da donne.
L'ultima chicca che il Governo Monti ha inserito nella gravosa ed iniqua Legge di Stabilità 2012, riguarda, ancora una volta in negativo e molto da vicino, soprattutto la vita delle donne.
In nome di un risparmio economico ed energetico, che ha trovato anche plausi e consensi, ha deciso di spegnere le luci su città e contrade. Così, mentre gli esercizi commerciali restano aperti anche nelle ore notturne, in nome di un mercato sempre più competitivo e selvaggio, si oscurano le strade cittadine che diventeranno sempre più buie e pericolose sia per le lavoratrici costrette al lavoro notturno, sia per le donne acquirenti (fra l'altro, non si capisce cosa dovrebbe invogliarle a fare shopping notturno, quando i livelli di sicurezza sono sempre più bassi).
Ricordiamo che le donne hanno richiesto più volte una maggiore illuminazione, specialmente nelle zone periferiche delle città, perché anche questo intervento, insieme ad altri di ordine culturale, sociale ed economico, può contribuire a contrastare la violenza maschile nei loro confronti.
Non facciamoci ingannare da buoni intenti ecologisti che in realtà nascondono solo il bisogno di far cassa; se infatti, a questo Governo premesse veramente la sostenibilità dell'ambiente promuoverebbe piuttosto quelle politiche e sistemi virtuosi- come per es. l'uso di led-che coniugano il risparmio con la qualità della vita delle persone.
Le associazioni “Libere Tutte” di Firenze, Il Giardino dei ciliegi e Artemisia chiedono a questa Assise un forte e concreto impegno affinché non sia data alla popolazione di questa Regione, ed in particolare alle sue cittadine, questa ennesima punizione.

Firenze, 13 ottobre 2012

Associazione Libere Tutte – Firenze
Associazione Il Giardino dei ciliegi
Associazione Artemisia

sabato 11 agosto 2012

13 agosto 2012 con le donne tunisine

immagine dal sito aavaz.org

Il 13 agosto dello scorso anno, giorno della ricorrenza della promulgazione del Codice dello Statuto personale del 1956, le donne tunisine sottoscrissero la Dichiarazione per i diritti delle donne, l’uguaglianza e la cittadinanza.
La pubblicammo allora segnalando la forza del messaggio, la determinazione ed il coraggio con i quali le nostre sorelle dell’altra sponda del Mediterraneo andavano a rivendicare “il rispetto della dignità e della piena cittadinanza di tutte le tunisine”.
E’ trascorso un anno e la vigilanza e lo spirito di lotta non sono certo venuti meno, ma lo scenario apertosi a seguito delle elezioni dello scorso ottobre presenta aspetti preoccupanti. Ci giunge infatti un appello accorato ed allarmato con il quale le donne tunisine più impegnate nella ricerca di una vera emancipazione segnalano il pericolo di un grave arretramento. Si paventa, infatti, che la nuova Carta Costituzionale, in luogo della richiesta uguaglianza e parità delle donne in una condizione di cittadinanza piena, riservi loro un ruolo di “complementarietà” nei confronti di quello maschile.
E’ ciò che viene detto nella petizione che pubblichiamo, aderendovi ed invitando alla sottoscrizione ed alla più ampia diffusione possibile.
Non sono in gioco solo il futuro e la dignità delle donne tunisine. E’ una lotta che ci accomuna perché ogni menomazione dei diritti fondamentali della donna ci riguarda e ci colpisce direttamente.
Facendo nostro il loro appello, celebriamo insieme alle donne tunisine la ricorrenza del 13 agosto.

Link alla petizione







lunedì 4 giugno 2012

Violenza di genere e sessismo, come intervenire? Prima riunione dopo il workshop

foto: Laura Albano

Prima riunione del Coordinamento nato dal workshop “Violenza di genere e sessismo, come intervenire?” tenutosi il 13 maggio all'interno del convegno Diversi. E allora?
MERCOLEDI' 6 GIUGNO ORE 18,30
CIRCOLO DEI LAVORATORI PORTA AL PRATO
IN VIA DELLE PORTE NUOVE 33 FIRENZE.
Si invita a partecipare chi ha interesse al tema, anche se non era presente al primo workshop. 




Caffè amaro

Circola da qualche tempo a Firenze (e forse anche altrove) una bustina di zucchero con questa scritta:
«QUAL’E’ IL COLMO PER UN MACELLAIO? AVERE LA MOGLIE MAIALA E NON POTERLA AMMAZZARE».
A produrla è Pontina pack che si presenta come «Azienda specializzata nel confezionamento di zucchero in bustine personalizzate. Bustine monodose in formato tradizionale o stick per addol­cire e colorare la vita».
Segnaliamo che in rete circola l’appello – partito da vari gruppi di donne – a tempestare la Pon­tina pack (info@pontinapack.it) di messaggi simili a questo:
A Pontina Pack,
grazie all’associazione Trama di Terre siamo venute a conoscenza del fatto che la vostra soci­età ha messo in commercio bustine di zucchero per locali pubblici sui quali è riportata la battuta “Qual’ è il colmo  per un macellaio? Avere la moglie maiala e non poterla ammazzare”.  In un paese dove l’omicidio e la violenza nei confronti delle donne — italiane, migranti (nei CIE e fuori), trans, prostitute…-sono azioni quotidiane, ripetute, istituzionalizzate, taciute (o raccontate con toni  di cronaca nera che rasenta il gossip), una barzelletta del  genere riportata “innocua­mente” su una bustina di zucchero rivela non solo l’onnipresenza della violenza nel linguaggio, in particolare quello comico, ma anche la tranquillità con la quale si può scherzare  nel sottin­tendere che, di fatto, macellare una donna è un gesto giustificabile  se il suo comportamento è tale da provocarlo.
Questo zucchero non ci fa sorridere, ci fa solo rabbia.
Vi chiediamo, almeno per rispetto delle troppe vittime della violenza maschile contro le donne, di ritirare le bustine dal mercato.
Cordiali saluti

mercoledì 16 maggio 2012

Buon compleanno 194! Nessuna obiezione ai diritti delle donne

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lunedì 14 maggio 2012

Sulla "Marcia per la vita" del 13 maggio


Roma 13 maggio: una manifestazione contro le donne 

La conclusione dell’articolo di Eleonora Martini (Il Manifesto 13.5.2012 – Croce celtica e raduno anti-aborto) “ il manganello e l’aspersorio di nuovo in marcia insieme”, ben si attaglia a quanto andremo a precisare come “LIBERE TUTTE“, associazione fiorentina che opera da anni avendo quali propri fini la promozione e la difesa dell’autodeterminazione, della laicità dello Stato e del pieno esercizio dei diritti civili.
Quanto accaduto a Roma in occasione della “marcia per la vita” cui fa riferimento il menzionato articolo, altro non è che la riproposizione di un assunto da sempre presente nella campagna condotta contro l’applicazione della Legge 194/78. All’epoca del referendum che ne sancì la validità, Carlo Casini, sostituto procuratore presso il Tribunale di Firenze, intervistato dall’Espresso a proposito della sua scelta in ordine ai due referendum sulla 194, promossi dal Movimento per la vita, disse che avrebbe votato per quello più restrittivo (per l’ammissione dell’aborto solo in caso di pericolo di vita della donna). Alla domanda: “E così vuole ricacciare indietro le donne, in prigione?”, rispose: “Sulla sanzione si può discutere, sull’autodeterminazione no.”.
Punto centrale, la negazione dell’autodeterminazione della donna.
Sempre a Firenze, nell’anno dell’approvazione della legge -1978 – l’Arcivescovo di Firenze, Cardinale Benelli, nella propria omelia della vigilia di Natale in Duomo, ebbe a dire che la Legge 194 “ è un bubbone infetto e deve essere sradicata dall’ordinamento giuridico e dal corpo sociale italiano..”.
Compaiono oggi, a oltre trent’anni di distanza, le medesime affermazioni e le medesime rappresentazioni rozze e terrificanti. Vedi la croce che alla manifestazione recava appesi numerosi “feti”, o l’immagine di un feto (foto intrauterina ?) con la quale Militia Christi invita a partecipare al comitato per l’abrogazione della 194.
Tornando sempre a Firenze, è dello scorso marzo la proposta inoltrata dalla Giunta comunale al Consiglio per un “ Nuovo regolamento dei cimiteri”, nella quale si introduce un comma che prevede la realizzazione di uno spazio specifico, all’interno degli ambiti cimiteriali, per “i prodotti abortivi ed i prodotti del concepimento”. A tale iniziativa LIBERE TUTTE reagì segnalando la grave ferita ai diritti delle donne, colpevolizzate in quanto responsabili della morte dei bambini mai nati cui dare sepoltura, e chiedendo l’eliminazione di tale comma che contrasta con lo spirito laico che dovrebbe ispirare sempre l’azione del Comune di Firenze. Azione che, in questo caso, trovò il plauso di organizzazioni di stampo fascista, pubblicamente espresso e sottolineato da un blitz notturno nel corso del quale i consultori presenti nel territorio fiorentino furono circondati con “strisce” solitamente usate per delimitare luoghi di episodi delittuosi.
Alla “marcia per la vita” ha dato la propria formale adesione l’Arcivescovo di Firenze, Cardinale Betori, che alla recente cerimonia di investitura a tale ruolo ha avuto la presenza del Gonfalone del Comune di Firenze, per personale iniziativa del Sindaco della città.
Alla marcia, oltre a quella del Sindaco Alemanno, è stata presenza di rilievo quella di Olimpia Tarzia, la consigliera della Regione Lazio che ha presentato la proposta di legge regionale per la “Riforma e riqualificazione dei consultori familiari”. Proposta la cui articolazione è spiccatamente incentrata su una serie di strumenti volti a confliggere con l’autodeterminazione della donna e a disincentivarla ricordando alla donna medesima “il suo dovere morale di collaborare nel tentativo di superare le difficoltà che l’hanno indotta a chiedere l’interruzione volontaria della gravidanza”. Richiesta di collaborazione che suona come un insulto nei confronti della donna e interferisce con il suo diritto di scelta.
Vi è un filo tenace e pericoloso che lega i vari punti che abbiamo toccato.
Il massiccio appoggio delle gerarchie ecclesiastiche, la cassa di risonanza da parte delle forze più retrive di estrema destra, l’indebito apporto di pubblici amministratori che male interpretano il ruolo che esercitano, rappresentano infatti un elemento di pericolo che impone una rinnovata e più efficace vigilanza alla quale richiamiamo chi, come noi, si riconosce in uno Stato laico, rispettoso dei principi costituzionali, e persegue il fine dell’osservanza e della miglior applicazione di una legge dello Stato medesimo.
La Legge 194 non si tocca !

LIBERE TUTTE - FIRENZE

Firenze, 17 maggio 2012

mercoledì 2 maggio 2012

“Diversi. E allora?” – La politica e la società contro la violenza razzista

illustrazione di Francesco Chiacchio
(omaggio a Mario Mariotti, elaborazione da D La Repubblica delle donne)

Il 12 e 13 maggio 2012 a Firenze, partiti, movimenti e associazioni si ritrovano insieme per un grande convegno sul razzismo: “Diversi. E allora?- La politica e la società contro la violenza razzista”.
Studiosi, artisti, amministratori pubblici e volontari impegnati sui territori analizzano le cause dell’odio xenofobo, omo-transofobico, antisemita, sessista e illustrano gli strumenti culturali e legislativi con cui è possibile fronteggiarlo.
“Diversi. E allora?” è anche un momento di confronto ed elaborazione di idee e progetti da mettere a disposizione della società e della politica: otto workshop di approfondimento, per crescere in una cultura antirazzista, laica e egalitaria.

venerdì 27 aprile 2012

MAI PIU’ COMPLICI

Libere Tutte aderisce al Comunicato diffuso oggi da Snoq Comitato Nazionale, Lipperatura, Lorella Zanardo.

Comunicato stampa.
Cinquantaquattro. L’Italia rincorre primati: sono cinquantaquattro, dall’inizio di questo 2012, le donne morte per mano di uomo. L’ultima vittima si chiama Vanessa, 20 anni, siciliana, strangolata e ritrovata sotto il ponte di una strada statale. I nomi, l’età, le città cambiano, le storie invece si ripetono: sono gli uomini più vicini alle donne a ucciderle.
Le notizie li segnalano come omicidi passionali, storie di raptus, amori sbagliati, gelosia. La cronaca li riduce a trafiletti marginali e il linguaggio le uccide due volte cancellando, con le parole, la responsabilità. E’ ora invece di dire basta e chiamare le cose con il loro nome, di registrare, riconoscere e misurarsi con l’orrore di bambine, ragazze, donne uccise nell’indifferenza.
Queste violenze sono crimini, omicidi, anzi FEMMINICIDI. E’ tempo che i media cambino il segno dei racconti e restituiscano tutti interi i volti, le parole e le storie di queste donne e soprattutto la responsabilità di chi le uccide perché incapace accettare la loro libertà.
E ancora una volta come abbiamo già fatto un anno fa, il 13 febbraio, chiediamo agli uomini di camminare e mobilitarsi con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine a quest’orrore. Le ragazze sulla rete scrivono: con il sorriso di Vanessa viene meno un pezzo d’Italia. Un paese che consente la morte delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà.
Vogliamo che l’Italia si distingua per come sceglie di combattere la violenza contro le donne e non per l’inerzia con la quale, tacendo, sceglie di assecondarla.
Comitato promotore nazionale Senonoraquando, Loredana Lipperini, Lorella Zanardo-Il Corpo delle Donne

venerdì 16 marzo 2012

Sulla proposta di nuovo regolamento dei cimiteri

La Giunta Comunale di Firenze, nella proposta di "nuovo regolamento dei cimiteri" inoltrata al Consiglio, introduce un comma che prevede la realizzazione di uno spazio specifico, all'interno degli ambiti cimiteriali, per i "prodotti abortivi ed i prodotti del concepimento".
E' grave, che, sotto la forma di una normale norma burocratica, si concretizzi un attacco alla legge 194, con il feto che diventa persona.
Si tratta di una grave ferita ai diritti delle donne, che vengono così colpevolizzate in quanto responsabili della morte dei bambini mai nati ai quali si dà sepoltura.
Chiedere ad una donna che sta per abortire se vuole o meno seppellire il proprio feto costituisce una vera e propria tortura psicologica, che interferisce crudelmente, in un momento particolarmente doloroso e difficile, con il diritto di scelta.
Siccome l'attacco diretto alla legge 194 risulta impopolare, si ripiega, seguendo le indicazioni delle autorità ecclesiastiche, su un accerchiamento, di cui sono parte l'estensione dell'obiezione di coscienza, che mette a rischio l'applicazione stessa della legge, ed interventi, dal valore altamente simbolico, come la realizzazione di spazi cimiteriali per i feti.
Libere tutte chiede alle consigliere ed ai consiglieri comunali di eliminare questo comma, che contrasta con lo spirito laico che dovrebbe ispirare sempre l'azione del Comune di Firenze.

lunedì 5 marzo 2012

Alla figlia 12 enne di Nasrin Sotoudeh avvocata e difensore dei diritti umani è stata negata la visita alla madre in carcere

Riportiamo dal blog Campagna di un milione di firme la testimonianza di Reza Khandan, marito di Nasrin Sotoudeh, apparsa anche sulla sua pagina Facebook:

"Dal Facebook di Reza Khandan marito di Nasrin Sotoudeh, avvocata e difensore dei diritti umani in carcere in Iran:
Cosa fareste se, dopo molto tempo e tanta energia e preparazioni, prendete i due bambini e portate a visitare la loro madre, dietro le sbarre (la madre che è in carcere senza un motivo giusto da 18 mesi e a lei non è stata mai concesso un momento di congedo dalla carcere) e alla mia figlia di 12 anni con l'uniforme della scuola, che è senza dubbio accettabile dal codice islamico del Hijjab in Iran, viene negata la visita insieme al suo fratellino? Perché la guardia carceraria sostiene che suo abbigliamento non è conforme con il codice islamico! Che cosa fareste se vostra figlia e suo fratellino di 4 anni in questa età cosi tenera vengono costretti a spendere trenta minuti nella parte esterna e nel freddo estremo della zona della prigione di Evin e le piante e i dolori dei bambini e lo stress causata dal tutto a me . Che cosa avreste fatto ?

Reza Khandan 22 febbraio 2012"

martedì 28 febbraio 2012

lunedì 27 febbraio 2012

1° marzo manifestazione antirazzista


Libere Tutte aderisce alla manifestazione antirazzista del 1° marzo a Firenze, ritrovo in piazza Santissima Annunziata alle ore 16.

sabato 25 febbraio 2012

Legge 188: la petizione


Invitiamo tutte e tutti a firmare la petizione on line per il ripristino della legge 188 contro le dimissioni in bianco.

lunedì 20 febbraio 2012

188 per la 188: l'iniziativa a Firenze



Il 23 febbraio mobilitazione nazionale contro le dimissioni in bianco. A Firenze ci troveremo sul Ponte Vecchio alle ore 19 per distendere lo striscione
"DIMISSIONI IN BIANCO - IO NON FIRMO"
Prima verrà consegnata da una delegazione di donne in Prefettura la lettera inviata al Presidente del Consiglio, ai Presidenti di Camera e Senato,alla Ministra Elsa Fornero, alle parlamentari di Camera e Senato con la quale viene richiesto un intervento legislativo urgente ed efficace contro il fenomeno delle dimissioni in bianco.
La consegna averrà in tutte le Prefetture della Toscana e di Italia.

sabato 18 febbraio 2012

188 donne per la 188

Il 23 febbraio in tutta Italia avrà luogo una mobilitazione per il sostegno all'appello “188 donne per la 188” contro le dimissioni in bianco, per chiedere norme che prevengano e contrastino l'abuso nei confronti di giovani lavoratrici e giovani lavoratori al momento dell'assunzione.

A Firenze organizzeremo, in tale data, un'iniziativa le cui modalità vi faremo sapere al più presto.

domenica 12 febbraio 2012

Educazione sessista


illustrazione da un libro di testo


“Esiste una casa dove si lavano i pavimenti alle nove di sera? Sì, la nostra. Papà e io ci stiamo riposando in poltrona davanti al televisore e all’improvviso compare lei, con il grembiul
e, il secchio e lo straccio, e ci ordina di tirare su i piedi per poter lavare sotto. Si mette a ginocchioni e sfrega il pavimento”.
(da un libro di testo per la scuola primaria)

UOMINI SULLA LUNA...DONNE IN GIARDINO O IN CUCINA
BAMBINO INTRAPRENDENTE E AUTONOMO...BAMBINA BELLA E VANITOSA
Sono questi i nostri modelli di riferimento? Gli stereotipi femminile/maschile da dove derivano ?

Anche i libri di testo ci parlano di questo: partendo da qui vogliamo riflettere sui modelli maschili e femminili che vengono trasmessi in modo acritico dalla famiglia e dalla società (giornali, televisione etc.)
Ne parliamo con Irene Biemmi, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Università di Firenze, autrice del libro “Educazione sessista. Stereotipi di genere nei libri delle elementari “ e con “Libere Tutte”, una rete che unisce associazioni impegnate per l’affermazione dei diritti delle donne.

Il Consiglio di Istituto invita genitori e insegnanti

venerdì 17 febbraio 2012 alle ore 21.00
presso l'Istituto Comprensivo“Piero della Francesca”
via Bugiardini, 25 - Firenze

ATTENZIONE: L'INIZIATIVA E' RIMANDATA
PER CAUSE INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTA'