Se un attacco è a livello europeo, europea deve essere anche
la reazione.
WOMENAREUROPE
Con un nome che è veramente tutto un programma parte da
Firenze una campagna ambiziosa.
Di fronte alla bocciatura della risoluzione Estrela da parte
del Parlamento Europeo e alla proposta di legge del governo spagnolo per la
riduzione delle possibilità di interruzione volontaria della gravidanza e di
fronte ai crescenti attacchi in Italia alla legge 194, si è sentita da parte di
alcune associazioni di donne l’esigenza di mobilitarsi, per una risposta
all’altezza del problema.
Al cuore
della proposta l’accento sulla laicità, connotato che si ritiene essenziale per
l’Europa politica, che deve ancora nascere, e sui diritti, non solo delle
donne. Dal punto di vista organizzativo la proposta è quella di una rete di
donne, e di una mobilitazione europea per il prossimo 8 marzo.
Le risposte
sono state tante, individuali e collettive.
Nello
stesso periodo in Spagna ci sono state le prime manifestazioni e sono comparsi
in rete altri appelli alla mobilitazione. Con alcune di queste realtà sono già
avviati i contatti.
Certo, la
maggior parte delle donne sono lucidamente consapevoli che essere
periodicamente costrette a difendere la legge sull’aborto, in nome
dell’autodeterminazione è oggettivamente un arretramento. Per questo le donne
firmatarie e aderenti all’appello “Per un’altra Europa…”ritengono che in un
quadro di laicità e di diritti si deve parlare di una più ampia libertà di
scelta, che coinvolga tutte le scelte affettive e sessuali, tutte le scelte di
vita.
Inevitabile
per chi scrive il ricordo di un’iniziativa analoga, quella del 3 giugno 1995,
che per iniziativa congiunta del Paese delle Donne e del gruppo romano
“Virginia Woolf” promosse una grande manifestazione nazionale a Piazza di
Siena, a Roma. Alla testa del corteo due striscioni da leggere in sequenza: “La
prima parola e l’ultima”-“ Voci diverse a dirla”. La prima frase era il titolo
di un documento del “Virginia Woolf” che entrando nel merito dell’argomento
ricorrente, da parte di uomini politici e non, che chiedeva un coinvolgimento
maschile nella decisione sull’interruzione di gravidanza, affermava appunto che
alla donna spetta la prima e l’ultima parola e che la parola maschile ha un
senso nello spazio intermedio, nel dialogo della coppia, se c’è dialogo e se c’è
coppia. La seconda frase sottolineava come sul tema andassero nominate e
rispettate le differenze fra donne e che il punto unificante era ancora una
volta la difesa dell’autodeterminazione e della libertà. Questo approccio è
ancora valido oggi.
Il gruppo di donne che
oggi promuove la mobilitazione non intende attribuirsi la maternità
dell’iniziativa, ma vuole impegnarsi in un processo più ampio (la rete e la
manifestazione) con due punti fermi:
si può aderire come donne singole o associazioni, non come
partiti o istituzioni;
vogliamo restare semplicemente in rete, non mettere in piedi
una nuova organizzazione con gruppi territoriali: la vera sfida è avere un
obbiettivo comune, stare insieme pur mantenendo le differenze.
La cadenza dell’8 marzo non è così lontana come potrebbe
sembrare. Abbiamo detto che in Spagna e in Francia ci sono già iniziative in
atto o in programma e anche in Italia non mancheranno occasioni per cominciare
a dare visibilità alla rete: forse basterebbe continuare con le iniziative che
(purtroppo) abbiamo avviato anche recentemente in difesa della 194 sottoposta
costantemente ad attacchi, primo fra tutti quello dovuto a un interpretazione
estensiva e discutibile dell’obiezione di coscienza.